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Stress, DNA e cammino consapevole

Riparare il DNA camminando?
Riparare il DNA camminando?

Ho letto questo interessante saggio letteralmente con gli scarponi ai piedi (perché non entravano nel bagaglio a mano!) mentre tornavo in Italia da Boston e ho preso qualche appunto che ho messo insieme in questo nuovo post.

C’è una domanda classica nel lavoro Mindtrek: quando attraversiamo periodi di forte stress – esami, diagnosi, crisi familiari – cosa succede davvero al corpo, sotto la soglia della percezione?

Questo articolo va esattamente lì: nel punto di incontro tra stress psicologico e capacità delle cellule di riparare il DNA.

Di seguito provo a riassumerlo in modo semplice e leggerlo dal punto di vista Mindtrek.

1. Il punto di partenza: quando lo stress “toglie” riparazione

Gli autori partono da una constatazione importante:

  • in vari studi, i linfociti (un tipo di globuli bianchi) di pazienti ad alto distress psicologico mostrano una capacità di riparare il DNA più bassa rispetto a pazienti meno stressati e a soggetti sani;

  • a sua volta, una minore capacità di riparazione è collegata a maggiore rischio di cancro, perché il danno al DNA si accumula nel tempo.

Quindi l’ipotesi iniziale sembra tracciare un percorso chiaro: se lo stress peggiora la riparazione del DNA nei pazienti molto sofferenti, anche negli studenti sotto esami dovremmo vedere un calo della capacità di riparazione.

2. Il modello: stress da esame e linfociti

Per testare questa idea Forlenza e colleghi usano uno scenario ordinario: lo "stress da esame". I partecipanti sono 19 studenti sani di corsi post–laurea, in due momenti diversi: uno a basso stress (lontano dagli esami), e uno ad alto stress, durante gli esami. In entrambi i momenti vengono raccolti sia misure di stress percepito che campioni di sangue per analizzare i linfociti. Sulle cellule del sangue viene misurata una funzione specifica: la Nucleotide Excision Repair - NER (uno dei principali sistemi con cui la cellula riconosce e taglia via tratti di DNA danneggiati, per poi riscriverli correttamente): più intensa è questa sintesi “fuori programma”, più attivi sono i meccanismi di riparazione.

3. L’ipotesi… e la sorpresa

L’ipotesi dei ricercatori era chiara: durante la settimana d’esami la capacità di NER sarebbe dovuta diminuire rispetto al periodo più tranquillo. Invece è successo il contrario. Dall’ abstract riporto la frase chiave, molto netta:

“Stress appears to directly increase DNA repair”

Lo studio mostra che durante il periodo di maggiore stress, i linfociti riparano meglio il DNA danneggiato artificialmente in laboratorio, e mostrano anche un’attività di riparazione più alta sul danno “endogeno”, cioè quello accumulato spontaneamente nel tempo. Come interpretare questa scoperta completamente "controtendenza"?

Gli autori propongono una lettura interessante: lo stress aumenta il danno al DNA (più radicali liberi, meno sonno, peggior stile di vita, ecc.), ma allo stesso tempo aumenta la risposta riparativa, come se il sistema fosse spinto a lavorare di più per non farsi travolgere dal carico. Paradossalmente in questa condizione di tensione acuta e circoscritta, lo stress non “si limita a distruggere”, ma anche mobilita risorse di riparazione.

4. Stress acuto e stress circoscritto: gli esami universitari non sono la vita intera!

Qui entra un punto critico che, dal punto di vista del Mindtrek, è essenziale: lo studio di Forlenza riguarda uno stress acuto, limitato nel tempo, con un significato socialmente condiviso (“settimana degli esami”).

Mentre i lavori su stress cronico e condizioni avverse prolungate mostrano un aumento di danno al DNA, alterazioni delle vie infiammatorie, e segni di “invecchiamento biologico accelerato” (telomeri più corti, maggiore instabilità genetica, ecc.), al contrario a breve termine, un picco di stress può attivare i sistemi di riparazione (come una specie di “allenamento forte”); ma se quello stato diventa la norma – precarietà, malattia cronica, carichi di cura senza tregua – questi stessi sistemi possono logorarsi, e il bilancio spostarsi verso il danno.

Nel linguaggio Mindtrek potremmo dire:il problema non è salire un passo ripido, ma vivere anni interi senza mai scendere di quota.

5. Lo sguardo Mindtrek: stress, corpo e paesaggio

Leggere questo articolo “con gli scarponi ai piedi” (permettetemi questa metafora!) significa intrecciare tre livelli:

  1. Microscopico – cosa fanno DNA e sistemi di riparazione;

  2. Neurofisiologico – asse dello stress, sistema nervoso autonomo, qualità del sonno, infiammazione;

  3. Esistenziale e culturale – come una persona dà senso alle proprie prove: esami, malattie, lutti, scelte.

Lo studio di Forlenza ci dice che in presenza di una sfida chiara, limitata e socialmente riconosciuta (gli esami), il corpo non resta passivo: modula il rapporto tra danno e riparazione a livello cellulare.

Nelle esperienze Mindtrek succede qualcosa di analogo, ma con ingredienti molto diversi:

  • c’è un carico fisico e psicologico reale (salite, fatica, clima, convivenza con gli altri, confronto con i propri limiti);

  • c’è un ritmo deliberato di sforzo e recupero (cammino–pausa, giorno–notte, salita–discesa);

  • c’è un contenitore di senso: non è solo “resistere”, ma osservare come mente e corpo rispondono e si trasformano mentre si cammina.

Dal punto di vista antropologico, si potrebbe dire che un Mindtrek ben condotto trasforma lo stress da rumore di fondo cronico, spesso non nominato, a sfida strutturata, con un inizio, un mezzo e una fine, in cui la persona può osservare se stessa lungo l’arco della prova.

6. Dal laboratorio al sentiero: come il Mindtrek può aiutare anche a livello di DNA

Ovviamente, Mindtrek non ha ancora (per ora! appello ai ricercatori!) uno studio formale che misuri direttamente la NER o altri parametri di riparazione del DNA nei partecipanti. Quello che possiamo fare è intrecciare ciò che sappiamo dalla letteratura su stress, movimento e meditazione, con ciò che si osserva sul campo.

6.1. Il corpo in movimento: stress “buono” e riparazione

Diverse ricerche mostrano che da un lato i programmi di attività fisica regolare e moderata riducono il danno ossidativo al DNA e alcuni marcatori di “rotture” nel materiale genetico (per approfondire apri il link: PMC), e che dall'altro l’esercizio, se ben calibrato, può aumentare la capacità antiossidante e di riparazione, riducendo nel tempo il danno nucleare (approfondimento: Lippincott Journals).

In altri termini: un carico fisico e metabolico ben dosato aumenta il danno nel breve termine, ma nel medio termine rafforza le difese e la capacità di riparazione, in una forma di ormesi biologica (ossia un effetto stimolatorio provocato da basse dosi di sostanze dotate di proprietà tossiche a dosi elevate).

Il cammino Mindtrek in montagna è, di fatto, un contesto privilegiato per questo tipo di stimolo: passo costante, mai estremo; alternanza di sforzo e recupero (anche mentale);

contesto naturale che favorisce la regolazione del sistema nervoso (paesaggio, luce, temperature variabili).

Se immaginiamo le cellule dei partecipanti come i linfociti degli studenti nello studio di Forlenza, possiamo ipotizzare che anche durante un Mindtrek, esiste un bilancio dinamico tra danno (fisico, ossidativo) e riparazione; un percorso ben disegnato come quelli dei Mindtrek, con tempi di riposo reali, ritmi equilibrati e meditazioni, potrebbe quindi spostare questo bilancio in una direzione più adattativa sul medio periodo.

6.2. Mente e telomeri: meno ruminazione, più protezione

Sul versante più “mentale”, una serie di studi suggerisce che alcune forme di meditazione e interventi basati sulla mindfulness possono influenzare telomeri e telomerasi, due marcatori legati all’invecchiamento cellulare e allo stress cronico (per approfondire: ResearchGate); non solo, ma anche che la meditazione possa avere effetti benefici sui telomeri “riducendo lo stress cognitivo e l’attivazione dello stress” e aumentando stati mentali positivi (vedi: PMC).

Anche qui, non si tratta di “magia”, ma di catene di cause molto concrete: meno attivazione cronica dell’asse dello stress, migliore regolazione del sistema nervoso autonomo, e cambiamenti nei livelli ormonali e infiammatori: tutti ingredienti che nel tempo si riflettono anche su parametri come telomeri, danno al DNA, capacità di riparazione.

La pratica del Mindtrek – camminare in silenzio, osservare i pensieri come eventi, lavorare sulla qualità dell’attenzione e della presenza – si inserisce in questo filone: ridurre lo stress cognitivo inutile, quello fatto di ruminazione e anticipazione, lasciando che il corpo viva il carico reale del momento con più chiarezza.

7. Cosa possiamo dire, senza fare promesse vuote

Mettendo insieme lo studio di Forlenza e la letteratura su movimento e consapevolezza, si può formulare una posizione sobria ma forte: lo stress non agisce solo “in testa”: arriva fino al DNA, come abbiamo visto nel saggio in questione, modificando il rapporto tra danno e riparazione, per cui brevi periodi di stress intenso ma ben contenuto possono attivare risposte di adattamento, inclusa la riparazione del DNA. Ciò che invece sembra davvero pericoloso, per la biologia e per la psiche, è la cronicizzazione di uno stato di allarme, senza veri spazi di recupero.

In questo quadro, Mindtrek non è “il trekking che sistema il DNA”, né una promessa di giovinezza cellulare. È piuttosto un modo concreto di trasformare lo stress da rumore di fondo a sfida strutturata, un contesto in cui il corpo può sperimentare carichi fisici realistici con tempi veri di riposo, uno spazio in cui la mente impara a riconoscere e sciogliere parte della componente cognitiva e ruminativa dello stress.

Tutto questo, verosimilmente, non resta solo a livello di “sensazioni”, ma si riflette, nel tempo, anche sui sistemi che Forlenza osserva nei linfociti – bilanciando meglio quanto danno subiamo e quanto siamo capaci di ripararlo.

Spero un giorno di far partire qualcosa come un "Mindtrek Lab", per misurare questi effetti non solo su umore, sonno e qualità dell’esperienza, ma anche su marcatori biologici come danno al DNA, capacità di riparazione, telomeri, infiammazione, per capire fino a che punto ogni passo sul sentiero parla anche, silenziosamente, alle nostre cellule.

 
 
 

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©2020, Guido Freddi. 

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