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Preparazione al Grande Ritiro

Aggiornamento: 23 mag 2023

L'anno appena terminato è stato un punto di convergenza di tanti eventi che mi hanno incoraggiato ad affrontare con maggior impegno le pratiche contemplative.

Fin ora ho oscillato tra periodi relativamente brevi di meditazione e periodi decisamente più lunghi di vita ordinaria; questo 2022 è diverso, lo dedico ad aumentare l'attività contemplativa a discapito di quella ordinaria, con l'obbiettivo di imparare a sostenere l'intensità e la durata dei ritiri dei miei maestri.

Si tratta di una scelta difficile poiché coinvolge tutte le persone che mi circondano e lo stesso sistema sociale ed economico in cui siamo immersi.


È forte e frequente il pregiudizio che chi fa un ritiro fuori dal mondo sia in fuga da qualcosa, da sé stesso, dalle responsabilità sociali, e che in fin dei conti chi medita e desidera un po' di silenzio non sia altro che un egoista e una bocca improduttiva da sfamare. Questo pregiudizio si fa tanto più pesante quanto più dura l'apparente assenza di chi sceglie di ritirarsi dal circo quotidiano.

Nulla è meno vero che immaginare il contemplativo come un egoista. Spaventati dalle ombre che si agitano nel nostro subconscio, dalle urla che provengono dagli abissi della nostra psiche ci rifuggiamo in un mondo assordante e superficiale che soverchia il nostro mondo interiore: come potremmo capire quindi il contemplativo, colui che è pronto a guardarsi dentro, colui che è convinto che il vero benessere per sé e per gli altri inizi da dentro? Se 20 anni di pratiche contemplative mi hanno insegnato qualcosa è che volendo davvero fare qualcosa di buono per gli altri occorre innanzitutto essere in buona salute psicologica e che per riuscirci non basta la psicoterapia, ma occorre anche un profondo lavoro introspettivo. In aereo fin da ragazzo ero colpito dall'istruzione di sicurezza che imponeva di indossare la mascherina d'ossigeno PRIMA di aiutare i più deboli ad indossarla. Sembra quasi immorale pensare al proprio benessere prima di salvare gli altri, eppure è il solo modo per cercare di uscire vivi da una situazione di emergenza. Inutile buttarsi a mare per salvare qualcuno se non sappiamo nuotare.


Perché e da cosa intendo prendere le distanze? Viviamo in una cultura globale ossessionata dal narcisismo e dalla competizione, una cultura che ci rende fragili e mai all'altezza dei modelli che impone. Il mondo odierno ci indebolisce psicologicamente, interiormente, e il nostro ego indebolito viene spinto a reagire pompando muscoli e facendo cerette, accumulando e sperperando denaro, inseguendo carriere e prestigio e abbandonandosi a un edonismo consumista.

Siamo profondamente condizionati dal nostro status di consumatori/votanti, molto più di quanto crediamo. Quasi nessuna delle nostre scelte è razionale e autonoma, virtualmente tutte sono teleguidate per sfruttare il nostro tempo e le nostre energie a fini estranei al nostro interesse, però è difficile girare le spalle alla macchina che ci nutre. Spesso capita che leoni cresciuti in gabbia non abbiano alcuna intenzione di uscire anche a cancello aperto. Non conoscono il mondo esterno, non sanno come procurarsi il cibo, non sono protetti dalle stesse sbarre che li imprigionano. Non è difficile in fondo immaginare perché continuiamo a fare sempre gli stessi errori, a temere di abbandonare la routine.


Horror vacui, terra incognita... Fuori dalla gabbia dei nostri pregiudizi temiamo di perderci, immaginiamo mostri, pericoli e fastidi che crediamo esterni alla nostra vita ordinaria e praticamente ininfluenti. Preferiamo non sapere pur di non rischiare. Preferiamo soffrire per la gocciolina cinese che prima o poi ci farà ammalare piuttosto che muoverci di lì e osservare la vita da un'altra prospettiva.

Nei prossimi mesi gradualmente diminuirò i miei contatti con le ambizioni professionali, affettive ed edonistiche nell'intenzione di penetrare la mia propria psiche sempre più in profondità, con l'aiuto di guide di grandissimo spessore intellettuale e spirituale.

Anāgāmin è un termine sanscrito traducibile come "colui che non torna indietro". In una visione buddhista tradizionale sarebbe un livello del cammino in cui una persona non ha più bisogno di reincarnarsi per purificare il proprio karma. In termini più prosaici per me è l'idea di aver finito di pagare al Grande Controllore il biglietto di viaggio della vita.

Sono tutt'altro che perfetto ma non ho più intenzione di sentirmi indebitato con il mondo. Voglio sentirmi come un liberto, uno schiavo che si è riscattato a caro prezzo, privo di sensi di colpa, libero di distinguere tra il bene e il male, consapevole che il solo male è quello che ci portiamo dentro e che ci fa soffrire anche quando non ce ne sarebbe motivo, che ci impedisce di vedere la bellezza di questo mondo, che ci impedisce di aiutare gli altri a un livello molto più profondo di quello ordinario.


Voglio essere un uomo libero di ascoltarsi dentro senza il frastuono cacofonico di voglie e paure, di regole e caos, di relazioni scelte o imposte, di incitazioni a consumare, a fare, a non fare. Per trovare questa quiete il solo modo è l'isolamento, una presa di distanza dal costante chiacchierio del mondo che ci circonda. Solo lontano dal caos metropolitano, dall'eccesso di media e tecnologia è possibile ritrovare il silenzio necessario a sentire la voce del bambino interiore abbandonato da anni, decadi o magari vite intere nel nostro fuggire dalle nostre insicurezze ed nel nostro inseguire falsi miti. Solo nel silenzio troveremo la forza di capire davvero noi stessi e gli altri, di coltivare l'altruismo empatico, di superare pregiudizi molto più sottili di quel che siamo pronti ad ammettere. Solo nel silenzio ritroveremo il piacere di condividere la gioia di vivere.

Rinuncia è la parola chiave, spaventosa per noi consumati consumatori. Rinuncia a cose materiali non necessarie, rinuncia al guadagno e al commercio di sé, rinuncia temporanea anche alle persone più care. Spero di essere all'altezza, di agire con coraggio, senza pensare ai pregiudizi altrui né ai rischi che ogni viaggio implica. Spero che questa nuova esperienza che è appena cominciata mi apra il cuore agli altri ancora più di adesso, che mi renda migliore come padre, fratello, zio, amico, collega... che mi renda più sensibile e coraggioso nell'aiutare il prossimo chiunque esso sia, che mi renda più umano nel senso più profondo e puro.

Questo cammino è in salita. Non so quanto tempo ci vorrà per far di me una persona migliore, ma a me le salite piacciono. Ogni tanto scivolo, perdo terreno, perdo quota, ma in media negli anni, tra errori e successi, ho guadagnato piano piano terreno.

Ora affronto l'alta quota, ogni tanto tornando al campo base, bussando alla porta del mondo ordinario per ritrovare negli occhi degli altri uno specchio. Salgo la grande montagna per prepararmi al lungo ritiro finale, per affrontare infine ciò che ci aspetta tutti, con il cuore senza rimpianti e ricco di saggezza, con l'idea di tornare solo per il beneficio altrui, con la profonda consapevolezza di non essere mai andato via.

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