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Come Mingyur superò l'ansia

Aggiornamento: 23 mag 2023


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Ciao Mindtrekkers! Condivido con voi un testo che ho tradotto e annotato, in cui Yongey Mingyur Rinpoche spiega come ha fermato gli attacchi di panico di cui ha sofferto fin da bambino. Per guarire da questa afflizione mentale ha usato la consapevolezza. In questo testo ci descrive in particolare quattro delle tecniche di mindfulness che lo hanno aiutato.

Permettetemi prima di tutto una breve presentazione: Mingyur Rinpoche è un maestro di meditazione dei lignaggi Kagyu e Nyingma del buddhismo tibetano. Tra i suoi libri consiglierei due testi tradotti in Italiano: “Trasformare la Confusione in Chiarezza” e “Il Monaco Errante”. Quest’ultimo è un libro bellissimo che narra come alcuni anni fa è letteralmente fuggito dagli allori e onori di “Abate” che gli impedivano di avanzare nella pratica contemplativa e di superare le paure ataviche, scegliendo di vivere per quatto anni da mendicante vagabondo (super-mindtrekker!) tra le valli himalayane. Non è qualcosa facile da imitare per noi, ma nel nostro piccolo e nel tempo che ci è disponibile rappresenta un buon esempio da seguire, anche solo muovendoci da casa al lavoro o sdraiati in camera invece che in una grotta himalayana, e magari ogni tanto lasciandoci tutto alle spalle per qualche ora o qualche giorno per abbracciare la Natura.


Ecco la traduzione, chiedo venia per i limiti di tempo che non mi hanno permesso di revisionarla come si deve:


“Nella mia infanzia ho sofferto di un'ansia terribile. Volevo disperatamente fuggire da essa o combatterla. Non so esattamente quale fosse la vera causa del mio panico, ma si manifestava in molti modi. Ero terrorizzato dalle tempeste di neve. Nella mio villaggio natale in Himalaya, l'inverno porta molte tempeste di neve. Ne ricordo una in particolare. Il vento era così intenso da far tremare la casa e mia madre mi trovò aggrappato al pilastro centrale della casa. "Cosa stai facendo?", mi chiese. Io risposi: "Devo salvarci da questo vento!". Mamma lo trovò molto divertente.

Non trovavo sollievo nemmeno in estate, con i suoi temporali pieni di tuoni e lampi. A volte andavamo anche nella valle di Kathmandu e avevo molta paura dei trasporti pubblici. Andavamo in autobus e a ogni sobbalzo anche il mio cuore sobbalzava. Il suono dei fuochi d'artificio era un incubo per me.

Ho provato tanti modi per gestire l'ansia: correre, giocare, scappare nelle grotte vicine per nascondermi. Ma niente funzionava. Anzi, ho imparato che l'avversione non fa altro che rendere l'ansia più grande, più forte e più solida.


Sapendo quanto mi sentivo in difficoltà, mio padre, un famoso insegnante di meditazione, mi consigliò di accogliere il panico. Così iniziai doverosamente a salutare ogni episodio di panico con: "Oh, ciao, ansia, benvenuta!". Questo mi ha aiutato un po', ma poiché la mia motivazione non era cambiata, non la stavo gestendo in modo molto diverso. Il mio atteggiamento di base era ancora l'avversione. Ora stavo solo cercando di superare la paura, pensando che se avessi accolto il panico sarebbe passato e non sarebbe tornato. Si potrebbe quasi dire che stavo fingendo. Anche questa finta accoglienza mi aiutava un po', ma non risolveva il problema. Continuavo a girare in tondo: sperimentavo l'ansia ed ero ansioso di liberarmene, cosa che a sua volta la rafforzava.

A tredici anni ho iniziato un ritiro di tre anni presso il monastero di Sherab Ling, che era la sede principale di uno dei miei maestri più importanti, Tai Situ Rinpoche. Speravo che in questo ambiente strutturato avrei potuto sfuggire alla mia pigrizia, ma dopo un buon inizio, questa cominciò a insinuarsi di nuovo. Alla fine, anche durante le meditazioni strutturate, la mia mente era in balia di tutto. Poi è tornato il panico, ed è peggiorato: la mia pigrizia e il mio panico si sono uniti e sono diventati buoni amici!

Più mi sentivo male, più il panico diventava forte. Ogni giorno ci riunivamo nella sala grande, a volte facendo pratiche rituali tradizionali con tamburi e corni lunghi e rumorosi chiamati dungchen. Mi si stringeva la gola, non riuscivo a respirare, mi girava la testa. Dovevo andarmene nel bel mezzo delle preghiere. E mi mancavano ancora due anni!

"Cosa devo fare?" Mi sono chiesto. "Trascorrere altri due miseri anni in questo modo? O dovrei accogliere davvero il mio panico?". Decisi di lasciar perdere il desiderio di bloccarlo, eliminarlo o combatterlo. Avrei finalmente imparato a conviverci e a usarlo come supporto per la mia meditazione e la mia consapevolezza. Lo accolsi davvero.

Quello che cominciò a succedere fu che il panico fu sospeso nella consapevolezza. In superficie c'era il panico, ma sotto di esso c'era la consapevolezza, che lo tratteneva. Questo perché il primo passo fondamentale per spezzare il ciclo della mente ansiosa è connettersi alla consapevolezza.

Nella meditazione abbiamo diversi modi per raggiungere questo obiettivo.

1) Uno dei passi più semplici ed essenziali è quello di portare la nostra consapevolezza al respiro. È sufficiente porre delicatamente la nostra attenzione sull'inspirazione e sull'espirazione, senza cercare di modificarlo in alcun modo.

[N.B.: Su questa tecnica il monaco tibetano non si dilunga ma noi la pratichiamo già, vero?].


2) Meditare sul suono

Cominciate a sedervi in una posizione comoda, lasciando che il corpo sia rilassato e a suo agio. Prendetevi qualche momento per lasciare che la consapevolezza si stabilisca nel corpo, notando le sensazioni presenti.

Poi, fate attenzione ai suoni presenti. Potrebbero essere piacevoli, come il canto degli uccelli all'esterno; qualcosa che normalmente consideriamo "rumore", come l'abbaiare del cane del vicino; oppure suoni che riteniamo neutri. Qualunque sia il suono che sentite, state con loro. Notate come i suoni sorgono, rimangono per un momento e poi scompaiono. Non c'è bisogno di cercare di aggrapparsi a qualche suono specifico o di ignorare gli altri. È sufficiente accogliere i suoni con un tocco di consapevolezza.

Quando nella mente compaiono immagini, pensieri o emozioni, non c'è bisogno di bloccarli, ma di permettere loro di accompagnare il suono, notando come possano essere presenti nella consapevolezza insieme ai suoni.

Non c'è bisogno di concentrarsi fortemente su un particolare suono, ma semplicemente di sapere che si sta ascoltando: il sapere è la meditazione. Notate come la consapevolezza può accogliere qualsiasi suono, senza che dobbiate fare nulla.

È normale che la mente vaghi. Ogni volta che vi perdete, tornate semplicemente a essere consapevoli dei suoni che vi circondano.

Prima di terminare la pratica, prendetevi un momento per apprezzare il fatto che siete in grado di sentire. Apprezzate il fatto di essere consapevoli e di prendervi del tempo per familiarizzare con questa consapevolezza sempre presente.


3) Cambiare canale [sic!]

Di solito la mente ansiosa si concentra sugli aspetti negativi e li ingigantisce. Possiamo "cambiare canale" facendo il contrario. Possiamo invece portare la nostra consapevolezza sul positivo, magari provando gratitudine e apprezzamento per i vari tipi di fortuna di cui godiamo.

Tradizionalmente, nel buddismo, ci rallegriamo di essere nati in un corpo umano, di avere i cinque sensi, di essere nati in quel luogo di libertà. E naturalmente tutti hanno consapevolezza, amore, compassione e saggezza. Queste sono alcune semplici cose dell'essere vivi che possiamo apprezzare.

Un'altra cosa che dovremmo capire è che una mente ansiosa parla sempre. Bla bla bla! Yadda yadda yadda! Tuttavia, non è il sé essenziale a essere ansioso, ma solo la mente, che ha un sacco di opinioni. Voi non siete i vostri pensieri. Questa è una prospettiva molto importante da ricordare.


4) Spezzare l'ansia in elementi più semplici

Possiamo prendere coscienza di tutte le sensazioni tattili che proviamo nel corpo e che sono associate all'ansia. Una volta che ci sintonizziamo con le molte sensazioni che proviamo, ci rendiamo conto che l'ansia ha molte sfaccettature o elementi.

Senza cercare di cambiare nulla, osservate tutti i pezzi della vostra esperienza. Così facendo, scoprirete di avere delle sensazioni fisiche, come ad esempio il battito cardiaco accelerato o una sensazione di costrizione. Ci sarà una componente uditiva, se non altro il suono del vostro respiro. Ci saranno immagini visive all'interno della mente.

E ci saranno convinzioni, o ciò che tradizionalmente si chiama visione. "Oh, questo è giusto, questo è sbagliato, questo è pericoloso". Soprattutto al giorno d'oggi, in un mondo con così tanti punti di vista e forze concorrenti che ci bombardano con proiezioni ed etichette, abbiamo tutti interiorizzato dei punti di vista specifici [parziali].

Ora notate che ciò che stavate pensando [percependo] come una cosa sola - l'ansia - è in realtà composta da quattro elementi ["sensazioni", "immagini", "suoni" e "convinzioni"]. [La loro relazione] è in continua evoluzione, non c'è nulla di permanente. Allo stesso tempo, tutti dipendono l'uno dall'altro per [quella che possiamo percepire come una] esperienza di panico: senza sensazioni, immagini, suoni e convinzioni, non c'è ansia. Tutte queste parti sono interdipendenti, impermanenti e mutevoli, vanno su e giù, su e giù.

Una volta scomposto in questo modo, il panico perde il suo potere. Quando si guarda al livello più profondo di ogni elemento e si vede che non c'è nulla di solido, nulla di permanente, la mente ansiosa perde il suo potere su di noi. In quel momento c'è apertura.

C'è consapevolezza, ma non c'è presa. Rilassatevi su questo [modo di vedere le cose].

Quando siamo nel mondo e viviamo la nostra vita, dobbiamo praticare costantemente la gratitudine. Siate consapevoli di tutti i doni che avete.

A prescindere dalle circostanze, c'è sempre molto per cui essere grati. Se iniziate a sentire la paura, ricordate che è solo un pensiero, un insieme di opinioni. E se si presenta una mente fortemente ansiosa, ricordate che in realtà ci sono molti pezzi diversi di questa esperienza, e che sono tutti mutevoli, tutti interdipendenti. Non c'è nulla di singolare, solido o permanente nell'ansia. Lasciate che la mente riposi in questa consapevolezza.”


Queste sono le parole di un Lama che stimo e rispetto perché ha avuto il coraggio di affrontare sé stesso. Il mio auspicio per tutti noi (me in primis!) è che malgrado le pressioni di un mondo moderno ansiogeno e inconsapevole, trarremo dal suo esempio la volontà di gestire un po’ meglio le nostre afflizioni mentali.

Un abbraccio!

Guido


La versione in inglese può essere letta seguendo questo link: https://www.lionsroar.com/how-i-stopped-my-panic-attacks/

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